Alle spalle di Volturara, un verde monte, denominato Sant’Angelo o San Michele, mostra alla sua sommità un antico castello. Il castello (castrum), ad eccezione delle torri, misura m 40x 33 circa.
Ai quattro angoli si notano torri quadrate e, al centro, una piazzaforte che è la parte più antica.
Diverse sale e stretti corridoi intersecano l’ambiente. Verso la parte orientale dovevano esserci parecchie stanze e nella parte più al di sotto un terrazzo cinto da mura.
Certamente non tutto il castello ha la medesima origine in quanto l’ampliamento delle strutture si è avuto attraverso i secoli a seconda delle necessità degli abitanti, dei castellani e delle lotte che i feudatari dovevano sostenere con questo o quel nemico.
Non abbiamo notizie precise della sua origine ma certamente il mastio risale al tempo dei romani quale punto strategico per sorvegliare le truppe dei cartaginesi che passavano e ripassavano per la strada Saba Maioris, strada che collegava l’alta valle del Sabato a quella del Calore e dell’Ofanto. La stessa strada serviva da spostamento anche agli eserciti romani per evitare a nord i Sanniti, loro acerrimi nemici.
Il castello risultava, così, il punto centrale di tutto lo scacchiere perché aveva (e ha) a sud i contrafforti del Terminio, a sud-est il castello di Solofra, a nord- ovest quello di Serpico, a nord-est quello di Montemarano e di Bolofano sul passo di Cruci.
Lo Scandone fa risalire l’acrocoro (la piazzaforte) del castello al periodo romano. L’ingrandimento dell’acrocoro si ebbe con i Longobardi e sempre i Longobardi portarono la devozione all’Arcangelo San Michele, loro patrono. La sua trasformazione in castello era già avvenuta al tempo della pace stipolata tra il principe Radelchi e Siconolfo (848-849). Ora dalla storia si sa che a quei tempi il castello di Volturara era unito al castello di Montella dal quale si separò definitivamente nel 1240 per divenire amministrazione autonoma. Nel 1730, visto l’insufficienza dello spazio sia per i castellani sia per l’accresciuta popolazione, furono abbattute le stanze pericolanti e dalla loro superficie si ricavò la chiesa. I lavori durarono tre anni.
Nel 1733 il principe di Volturara Gironimo Strambone ordinava allo scultore-pittore Francesco Antonio Picano le statue di San Michele e di San Ni cola che furono pagate 95,15 ducati. IL 3 maggio 1734 Monsignor Gherardini, vescovo di Montemarano delegò l’arciprete pro tempore Nicola Pennetti per la benedizione e l’apertura al culto della chiesa.
Da allora tutti gli anni i volturaresi si recano sul sacro monte l’otto maggio e il ventinove settembre per propiziarsi San Michele, consumare la colazione e suonare la campana.
Ai nostri giorni una strada asfaltata conduce al luogo sacro. Il castello fino a qualche anno fa mostrava i segni evidenti del sisma dell’ ’80: la chiesa risultava priva di tetto e nulla era stato eseguito per una sua più equa e civile sistemazione.
L’INTERNO DELLA CHIESA DI SAN MICHELE.
CIRCA IL CASTELLO E L’ANNESSA CHIESA DI SAN MICHELE.
L’agglomerato urbano sorge al margine occidentale della Piana del Dragone, a 697 metri di altitudine, fra le pendici dei monti Costa e Faggeto. A sud dell’abitato, in alto, a quota 870, si trovano le rovine del castello feudale e nelle sue immediate vicinanze il santuario di S. Michele Arcangelo, costruito in parte proprio sui resti dell’antica fortezza.
Il complesso architettonico domina, nella regione settentrionale del monte Terminio, da un lato il piano “a monte” sull’orlo della valle del fiume Sabato, e dall’altro la vasta piana carsica del Dragone, che si approssima alla valle del fiume Calore. Il colle dove si erge il castello si eleva isolato, al centro di due dorsali selvose. Si de- terminano così, due significativi avvallamenti che tendono verso tre valichi, che dal Tirreno accedono alla piana, oggi dimenticati, ma intensamente sfruttati nel Medioevo, quando questi sentieri per Melfi s’annodavano sul tratto meridionale e costituivano il “Cammino di San Michele”, l’itinerario altomedievale che conduceva al Santuario di San Michele sul Gargano, sorto nel se colo della caduta di Roma, nella grotta dove mise piede l’Arcangelo.
Il castello, costruito in età normanno-sveva e rifatto aragonese, per volere della nobiltà è trasformato in dimora gentilizia in epoca sei-settecentesca. Tuttavia, del primitivo fortilizio resta ancora individuabile l’impianto originario e parte delle strutture murarie ai livelli più bassi.
Ubicato in una posizione già naturalmente difesa, su un colle ripido e di difficile ascesa da più parti, il maniero ha pianta quadrilatera, con dimensioni massime di metri 48 per 57, e ampio cortile interno.
Agli angoli del castello vi sono quattro torri quadrangolari, sporgenti dalle fondazioni, che seguono l’intero tracciato. Le torri, benché modificate alla sommità, misurano alla base circa 7 metri e non superano in altezza i 12 metri. Il prospetto meglio conservato è quello esposto a nord dove tra i due torrioni quadrati corre un muro continuo lungo una trentina di metri e alto non più di sette metri, privo di aperture.
La facciata meridionale presenta costruzioni posteriori addossate al lato est del castello. Tutte le fondazioni del castello poggiano direttamente sul banco roccioso e le murature sono composte da pietre calcaree di piccole e medie dimensioni. Superando l’ingresso, sul lato orientale, si accede nel cortile centrale, dove si affacciano gli ambienti del piano terra e quelli del piano nobile. La zona est è quella che ha subito nel tempo varie manomissioni e ingrandimenti. In tempi più vicini a noi presentava: le stanze del rettore, la chiesa e l’oratorio. Il castello controllava importanti passi e proteggeva i diversi insediamenti la costa adriatica e quella tirrenica. Circostanti che gravitavano sulla più importante via trasversale che collegava L’architettura del castello seguiva gli schemi dell’alto Medioevo, dell’architettura militare bizantina e saracena. L’architettura del castello anticipa di molto i tempi della prima Crociata.
L’unica torre centrale del castello si innalza sul lato meno scosceso e domina un piccolo pianoro. Proprio su questo tratto pianeggiante della collina, nella prima metà del Settecento, fu eretta l’adiacente chiesa. (Per maggiori approfondimenti si consiglia la lettura del libro: la storia di Volturara Irpina narrata dai fanciulli curato dalla stessa autrice per l’LC. di Volturara Irpina. Va anche ricordato che la prima apparizione dell’Arcangelo S. Michele avvenne nel 490 e che il primo santuario costruito sulla grotta dell’apparizione risale al 493. Il luogo dell’apparizione faceva parte dei domini longobardi perché era compreso nel Ducato di Benevento. Il Santuario divenne meta di pellegrinaggi, tappa di quella variante via Francigena oggi detta via Sacra Langobardorum che conduceva in Terra Santa. Del Santuario si presero cura i Normanni, gli Svevi e gli Angioini).
CIRCA LA PRESENZA ETRUSCA.
La presenza etrusca è ravvisabile nei nomi somiglianti disposti sulla carta geo- grafica non solo in tutta la Campania ma anche in Puglia e nel Molise Volturara Irpina, il fiume Volturno, Volturara Appula presso Campobasso, monte Volturino nell’Appennino Lucano, monte Volture ai confini con la Puglia, l’antichissima Santa Maria Capua Vetere (Volturnum) capitale della Campania etrusca.
Seguendo questo itinerario giungiamo al centro spirituale del territorio volturarese, a quel colle di San Michele che, per essere in posizione baricentrica rispetto alla strategica strada “Saba Maioris” passante per la piana del Dragone fu sempre fortezza e santuario contemporaneamente. La divinità vi abitò nelle sembianze etrusche di Volturno e la suggestiva ipotesi, formulata in base al ritrovamento di frammenti archeologici, si completa pensando alle festività dei Volturnalia e alla presenza di un luogo di culto collegato.
“…Interessanti fenomeni di lavorazione della pietra di tipo piuttosto arcaico. Segnalerebbero il colle di San Michele come un interessante tema per più approfondite indagini storiche ed archeologiche. A ciò si può aggiungere l’ipotesi, che potrebbe far derivare il toponimo… Volturara, dalle antiche festività dei Volturnalia, e ricondurlo quindi alla presumibile esistenza di un luogo di culto, dedicato alla divinità Volturno o Vertumno, di antica origine etrusco-italica. In tal senso, particolarmente indicativo potrebbe es sere il raffronto con i significativi toponimi di Volturara Appula, Volturino, Volturno (Capua), Vulture, relativamente vicini al sito in esame e situati a distanza in linea d’aria pressocché costante, con modulo di 60-70 chilometri circa” (arch. Giuseppe Maiorano).
FONTE: “DECIFRARE UN AMBIENTE. LEGGENDE, MAGIA, RELIGIONE, TRADIZIONI, STORIA DEL POPOLO DI VOLTURARA IRPINA”- Nicolina C. Catarinella.